Il cervello è una struttura mutevole e dinamica, costantemente soggetta a modificazioni per numero di neuroni e sinapsi, interconnessioni, riorganizzazione e funzionamento. Il fenomeno per il quale il cervello è capace di modificarsi morfologicamente e funzionalmente per adattarsi alle stimolazioni a cui è sottoposto è definito neuroplasticità.
Nella vita di tutti giorni il cervello si modifica ogniqualvolta impariamo, comprendiamo o memorizziamo qualcosa, attività che mettiamo in atto praticamente sempre. Il mezzo attraverso il quale certe esperienze o stimoli modificano il sistema nervoso, determinando risposte nuove e più adattive, è proprio l’apprendimento, processo che è sotteso da un imprescindibile e indispensabile cambiamento anatomico e/o funzionale del cervello.
In passato era opinione condivisa che i fenomeni di plasticità fossero peculiarità di specifici periodi dello sviluppo, i c.d. periodi sensibili. Ad oggi sappiamo invece che la plasticità è una caratteristica intrinseca del cervello. Nel bambino il cervello è estremamente sensibile agli stimoli ambientali perché questi mediano il suo sviluppo e la sua organizzazione; il cervello dell’adulto, se pur già strutturato, è comunque plastico entro il range di possibilità che il suo assetto gli conferisce. Uno studio paradigmatico che dimostra evidenti modificazioni anatomiche nel cervello adulto è quello di K.Woollett e A.Maguire (2011), condotto sugli aspiranti tassisti di Londra. Per ottenere la licenza di tassista londinese è necessario memorizzare la mappa delle numerose strade della città di Londra attraverso un addestramento della durata di circa quattro anni. I gruppi che sono stati valutati durante la ricerca erano tre: soggetti aspiranti che hanno superato le prove di ammissione e sono diventati tassisti; soggetti che non hanno superato il training; soggetti di controllo non tassisti. Gli studi di risonanza magnetica hanno evidenziato differenze anatomiche significative nella regione posteriore dell’ippocampo nei soggetti che hanno superato il training, i quali mostravano maggiore volume di sostanza grigia rispetto a quattro anni prima e rispetto agli altri gruppi, modificazione associata all’acquisizione nei loro sistemi di memoria della complessa rappresentazione spaziale della città di Londra.
Che il nostro cervello possa essere plasmato dal contesto sperimentato è reso evidente anche dal fenomeno della riorganizzazione delle mappe corticali (somatosensoriali, motorie, etc), le quali sono profondamente modificabili dall’esperienza. L’acquisizione di un’abilità sensomotoria e l’esercizio ripetuto con una specifica parte del corpo si traduce anatomicamente in un ampliamento dell’area corticale in cui ha sede la rappresentazione di quel distretto corporeo. Un violinista che alleni costantemente le dita della mano sinistra avrà una rappresentazione corticale della mano sinistra più grande rispetto a quella della mano destra, ma anche rispetto ai non violinisti. Cambiamenti nelle mappe corticali sono visibili anche in caso di cecità: le aree visive, deprivate dell’input visivo, iniziano a rispondere ad altri tipi di stimoli come quelli tattili e uditivi. Un ultimo esempio è costituito dalla riorganizzazione che segue l’amputazione di un arto: in questo caso le regioni corticali somatosensoriali denervate, che originariamente rispondevano alla stimolazione della parte del corpo amputata, diventano reattive ad input provenienti da altri distretti corporei.
Anche in caso di lesione cerebrale (dovuta ad ictus, trauma cranico, etc) si possono osservare fenomeni neuroplastici. Durante il recupero funzionale si evidenziano: processi di riparazione cellulare, modificazioni nelle proprietà funzionali delle sinapsi, formazione di nuovi contatti sinaptici ed eliminazione di altri, proliferazione e differenziazione di nuove cellule, etc. Alcuni di questi cambiamenti non sono differenti da quelli che avvengono in condizioni fisiologiche durante l’apprendimento normale e sono fortemente influenzati dall’assetto cerebrale che si stabilisce dopo l’insulto.
Le tecniche di neuroimaging ci forniscono immagini di cervelli in azione; questo ci permette di asserire con una certa sicurezza che un qualsiasi intervento che promuova una qualsivoglia forma di apprendimento altera la biologia cerebrale. E questo è ciò che avviene anche nelle c.d. Terapie della parola. I diversi orientamenti teorici guidano i clinici nel focalizzare l’attenzione dei loro clienti e nel far sì che in questi ultimi possano essere attivate risposte differenti da quelle conosciute; tuttavia in ultima istanza, tutti gli psicologi, di qualsiasi orientamento, guidano i loro clienti all’interno di processi di apprendimento. Questo, sia che si tratti di chiedere ad un cliente di parlare, sia che lo si sottoponga ad una simulazione o ad un training, sia che lo si impegni in un’attività di auto-ipnosi. Il cervello per sua natura tende a mettere in atto processi di tipo automatico che possono essere scoraggiati attraverso l’assimilazione di nuove e più funzionali acquisizioni.
“La plasticità del cervello umano rappresenta l’invenzione che l’evoluzione ha messo in atto per fuggire dalle restrizioni imposte dal proprio genoma”. E’ il mezzo del cambiamento. “Continuare a studiare i meccanismi che la sostengono è la premessa per poterli modulare, al fine di ottenere i migliori risultati possibili per ogni soggetto” (Pascual-Leone, et al. 2005).
Autore: Mirella Baldi
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