Il papà, con la sua presenza, mostra al bambino, fin dalla nascita, l’esistenza di una relazione altra, alternativa e differente dall’unica relazione in cui il figlio è immerso, quella simbiotica con la madre. Il padre ricopre un ruolo privilegiato, al confine tra il mondo del bambino e il mondo reale, posizione dalla quale può fornire al figlio il supporto necessario ad affrontare la dolorosa e indispensabile separazione dal mondo protetto del materno e proiettarsi con coraggio ed entusiasmo nella vita.
La simbiosi emotiva tra madre e bambino possiamo definirla come una relazione di dipendenza reciproca: mamma e figlio, fin dalla nascita, sono coinvolti in un legame viscerale, emotivamente dipendenti l’uno dall’altro. E’ una fusione fisiologica necessaria che destabilizza molti papà, spesso spaventati e disorientati nel riuscire a posizionarsi sia come partner che come genitori. E’ tuttavia significativo che la natura abbia previsto nell’atto del mettere al mondo un’inversione di ruolo fra materno e paterno: durante il parto la madre è colei che spinge e incoraggia la separazione, il padre è colui che accoglie e protegge. Si tratta di un momento rappresentativo di congiunzione in cui i due partner possono sperimentarsi nel ruolo dell’altro e riconoscersi come complementari, entrambi indispensabili nella cura del figlio.
Quando il bambino inizia a posare lo sguardo oltre la madre, incontrerà quello del padre, un nuovo sguardo d’amore che, per la sua diversità, susciterà nel bambino curiosità e interesse, dando inizio a una nuova relazione affettiva parallela a quella materna. Nei primi anni di vita del bambino, le due relazioni si sviluppano in modo autonomo e indipendente, fino a quando l’apparato psichico del bambino non raggiunge una maggiore maturità, consentendogli di percepire la complessità delle relazioni. Il bambino acquisirà così progressivamente la consapevolezza che non esiste solo la sua relazione esclusiva con ciascun genitore e che anche i genitori hanno una loro relazione distinta e differente, acquisendo così un nuovo punto di vista, una posizione terza dalla quale fare esperienza.
La funzione materna e quella paterna non coincidono necessariamente con il femminile e il maschile biologico, da un punto di vista simbolico rappresentano due aspetti essenziali della genitorialità che consentono di promuovere la crescita psicologica del bambino. Il materno è ciò che accoglie, protegge, fornisce sicurezza e cura, il paterno è ciò che eleva alla vita, all’esperienza e al mondo.
Sigmund Freud aveva già riconosciuto l’importanza del ruolo paterno, evidenziandone il valore nell’elaborazione del complesso di Edipo e nella formazione del Super-Io. A partire dalla Teoria dell’Attaccamento, la funzione paterna viene osservata anche nei primi mesi di vita del bambino, all’interno della relazione triadica madre-padre-bambino. Ciò che emerge è che, sebbene il padre, durante lo sviluppo, possa supportare la separazione del figlio dal materno, alla nascita e nei primi mesi di vita, dalla sua posizione privilegiata, può promuovere e proteggere la nascita e il mantenimento di quella stessa relazione, fungendo da “base sicura” non solo per il figlio, ma anche per la propria partner.
Ogni individuo costruisce la propria dimensione interna di genitore in base alle proprie esperienze di figlio e alle proprie esperienze di vita ma, alla nascita del figlio, esprimerà questo ruolo anche in funzione delle caratteristiche dell’altro genitore e della relazione di coppia. Nella co-genitorialità la premessa è dunque quella che vi sia uno spazio mentale sufficiente per entrambi, per cui ogni genitore sia nella mente dell’altro come sua estensione e completamento.
Autore: Mirella Baldi
RIFERIMENTI
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