La grande sensibilità nel percepire le emozioni tipica della gravidanza e la grande intensità con cui le si avverte costituiscono condizioni fisiologiche messe a punto dalla natura per favorire uno stato di simbiosi fra mamma e bambino a tutela e a garanzia della sopravvivenza fisica ed emotiva del nascituro.
Questa spiccata sensibilità emotiva favorisce nella donna una regressione, un ritorno all'infanzia che le consente di tornare bambina, sentire in maniera più vivida i propri bisogni per poi identificarsi e agire in favore dei bisogni del bambino che nascerà. Tutto questo può sembrare un'ingiustificata fragilità quando invece è la straordinaria capacità della mamma in divenire nel mettersi nei panni dell'altro. È una dotazione sorretta da una base ormonale che consente di avvicinare la mamma allo stato emozionale del suo bambino per poter rispondere ai suoi bisogni affinché questo ritrovi anche al di fuori del corpo materno quella simbiosi rassicurante che gli permetterà di sentirsi al sicuro anche in un mondo per lui sconosciuto che lo spaventa. È come se nel tornare bambina la donna attingesse dalla sua esperienza di figlia i modelli genitoriali che ha sperimentato nella sua infanzia per ispirarsi a questi nella cura del proprio piccolo.
Ma il ritorno ad uno stato infantile espone la donna anche ai ricordi e ai vissuti più infelici e non elaborati della propria infanzia. Ed è così che la sofferenza è dietro l'angolo: paure preoccupazioni e insicurezze possono tradursi in una richiesta pressante di rassicurazioni esterne, nelle difficoltà legate al parto e nelle difficoltà legate alla gestione del neonato. Vissuti che non dovrebbero essere sminuiti o penalizzati ma compresi per essere trasformati in manifestazioni emotive più mature e più funzionali al nuovo compito evolutivo.
Spetta allora agli operatori che lavorano intorno alla nascita sapersi confrontare con questo assetto emotivo tipico della gravidanza, condividendo senza preoccupazioni gli stati d'animo delle proprie pazienti per poi discriminare fra fisiologia e condizioni di disagio più profonde che meritano di essere avviate all'assistenza psicologica. In un ambiente clinico preparato e sensibile all'affettività sarà allora più semplice individuare condizioni che rientrano nella normalità e condizioni che si stanno slatentizzando in direzione della patologia. E non ci riferiamo solo alla depressione perinatale ma a tutti i disturbi psichici.
Se è vero che la gravidanza rende le donne più fragili e più bisognose di aiuto è altrettanto vero che la "cura" è più facile e più rapida grazie alla straordinaria sensibilità e all'accessibilità ai ricordi e ai conflitti tipica di questo periodo.
Autore: Mirella Baldi
RIFERIMENTI
Mieli G. (2011). Il bambino non è un elettrodomestico". Milano: Feltrinelli
Mieli, G. Il rapporto dialettico tra femminile e maschile. Tratto da Società Italiana di Psicologia Perinatale: https://www.perinatale.org/il-rapporto-dialettico-tra-femminile-e-maschile
Mieli, G. La depressione post-parto: un mito da sfatare. Tratto da Società Italiana di Psicologia Perinatale: https://www.perinatale.org/la-depressione-post-parto
Mieli, G. Gli operatori sanitari: prevenzione dei disturbi affettivi in gravidanza. Tratto da Società Italiana di Psicologia Perinatale: https://www.perinatale.org/gli-operatori-sanitari



